Ieri notte 02.06.2015 è mancato un pezzo della nostra storia.
Vicenza Calcio piange la scomparsa di G.B. Fabbri, l’allenatore artefice della promozione in Serie A, del secondo posto in campionato nel 1977-78 alle spalle della Juventus e che consacrò al calcio italiano un giocatore rivelazione come Paolo Rossi.
Alla sua persona e a quella squadra da lui plasmata, riconosciuta da tutti come Real Vicenza, sono legate le pagine più intense del nostro cammino calcistico.
Grazie Mister per aver creduto in questi ragazzi e averci donato il mitico Lanerossi Vicenza!!
Quando se ne va un padre è sempre un dolore atroce, una realtà dura da digerire.
Questo è stato GB Fabbri per me.
Questo sarà per l'eternità.
E' stato lui a intuire il mio ruolo di centravanti, lui a darmi fiducia prima dell'altro mio grande padre e maestro: Enzo Bearzot.
Perdere prima l'uno, poi l'altro è stato come privarmi di due pezzi fondamentali della mia vita.
Per loro nutro un affetto infinito, ci siamo ritrovati anche dopo i successi calcistici.
Non si sono mai montati la testa.
Sono rimasti persone autentiche.
Vere fino in fondo.
Se ne sono andati entrambi in punta di piedi ma a me la loro uscita di scena ha fatto molto male.
Rimarranno per sempre nel mio cuore.
Ciao GB, riposa in pace.
Ti voglio bene.
Grazie di tutto.
Pablito
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È morto G.B. Fabbri: inventò Paolo Rossi bomber, predicava il calcio totale
Si è spento a 89 anni l'allenatore che portò il Vicenza al secondo posto in A cambiando ruolo a Pablito. Ripeteva sempre: "Il primo attaccante deve essere il portiere"
ARTICOLO su SUPERNEWS
C’è stata un’epoca lontana, illuminata dalle prime tv a colori, in cui la provincia calcistica italiana ha sognato. C’è stato il Lane dei miracoli, quel Real Vicenza capace di arrivare a un tiro di schippo dalla Juventus Campione d’Italia nella stagione 1977/1978, che ha fatto innamorare una generazione intera di calciofili. Ha fatto sognare chi vedeva nel pallone il riscatto sociale del più debole e non una scienza perfetta in cui a vincere sono sempre i più forti. No signori. Quel Vicenza operaio e dal sangue blu allo stesso tempo aveva un mentore. Un maestro. O per meglio dire, un condottiero: Giovan Battista Fabbri. Gibì per tutti. Da San Pietro in Casale. Un emiliano purosangue. Uno che nelle vene ha lo stesso sangue di Enzo Ferrari per intenderci. Passione, amore per lo sport e tanta fantasia. Lui che calcisticamente ha conosciuto il massimo splendore dall’altra parte dell’Italia. A Messina, in riva allo Stretto con 157 presenze e 21 gol, nei più disparati ruoli. Dall’ala al mediano. Sì perché per Gibì l’importante era sapersi riadattare, cambiare prospettiva, correre ed avere sempre un obiettivo per il futuro. Così a fine carriera non ha problemi a salire sul primo treno, uno di quei carri ferrati che univano il Sud e il Nord con tempi a dir poco biblici, e mettersi alla guida del Varese prima, delle giovanili del Toro poi e infine, prima del suo capolavoro in terra veneta, ad attaccare cappello nella città degli Estensi. A Ferrara gioca la Spal, uno dei club storici del calcio italiano. In maglia biancazzurra fa esordiere un certo Fabio Capello.
E’ il Lanerossi del presidente Farina il suo Cavallo di Troia con cui entrare di soppiatto nella Serie A di fine anni ’70 e sorprendere i pall0nari di tutta Italia con intuizioni ed innovazioni di olandese memoria. Terzini che corrono avanti e indietro come forsennati e ruoli intercambiabili. Tutti debbono essere la squadra. Basta con la staticità dei ruoli. Due promozioni in altrettante stagioni gli valgono il balzo in massima serie. E allora basta anche con Paolo Rossi all’ala destra. Sì signori. Pabilito Rossi, quello delle notti magiche di Spagna ’82. Quelllo della tripletta all’imbattibile Brasile di Falcao e Socrates. Se Nando Martellini quella sera a Barcellona ha potuto raccontare una delle partite più celebri della nostra Nazionale è anche e soprattutto merito di Gibì. Perché quella scelta non solo fu a dir poco decisiva per il secondo posto dei berici (24 gol, titolo di capocannoniere e convocazione per i mondiali di Argentina ’78) ma fu il vero trampolino di lancio per l’attaccante che poi metterà nelle mani di Bearzot buona parte del Mondiale 1982.
L’anno dopo non va bene. E’ vero. Il Vicenza retrocede in Serie B e il calcio spettacolo della stagione precedente è solo un vano ricordo. Ma Gibì non si arrende. Va ad Ascoli, alla corte del vulcanico Costantino Rozzi, dove conquista un quinto posto in Serie A, miglior piazzamento di sempre per il club piceno. Provate voi a utilizzare una macchina del tempo ed a tornare indietro di 35 anni. Andate a Milanofiori, dove in quegli anni si svolgeva il calciomercato, e chiedete a chiunque vi capiti davanti cosa ne pensa di Fabbri. “Un genio”, “Un innovatore”, “Un avanguardista”. Perché nessun club ebbe il coraggio di farlo sedere sulla propria panchina? E chi lo sa. Forse paura di rischiare. Il genio nel calcio non sempre ha marciato di pari passo con il successo. Prendete un Roberto Mancini ad esempio. Erano gli anni dei Trapattoni e dei Liedholm. Sostanza e carattere. Gibì scende negli inferi della Serie C. Porta il Catanzaro in cadetteria. Tornerò altre due volte a Ferrara e sarà il primo della lunga serie di allenatori esonerati da Maurizio Zamparini, che sul finire degli anni ’80 lo vuole a Venezia. Ma neanche l’arroganza dell’attuale presidente del Palermo riesce a scalfire il mito che ormai Fabbri si è costruito attorno.
Gibì se ne va il 2 giugno del 2015. Di sera. Perché è così che fanno i grandi. Si nascondono tra le tenebre del buio, senza farsi vedere e senza salutare. Non è maleducazione. Ma soltanto rispetto per chi li ha amati e non vuole vederli soffrire. Aveva 89 anni suonati, eppure ancora soffriva per i suoi amori. Gibì infatti lascia questa terra esattamente tre giorni dopo la retrocessione del suo Messina tra i dilettanti e un giorno prima del ritorno della finale playoff tra il Vicenza e il Pescara. Al Lane non è bastato il battito del suo cuore e il suo tifo da lassù, da quelle nuvole tinte per l’occasione di biancorosso da cui è spuntato lui. Gibì. Voleva guidare i vicentini esattamente come 37 anni fa. Ma anche se non ci è riuscito i ragazzi della curva lo hanno ricordato. Con le lacrime agli occhi, anche se non lo conoscevano. Anche se tanti erano bambini e forse neanche sapevano delle imprese, più recenti, di Otero e Zauli. “Hai fatto la storia, ora sei nella leggenda. Ciao Gibì”. Così gli hanno scritto all’esterno dello stadio Menti. Ciao Gibì. Ci mancherai, è vero. Non solo perché il tuo calcio non c’è più. Non solo perché oggi è difficile sognare un pallone che porti la provincia ai massimi livelli. Ma anche e soprattutto perché di uomini che proveranno a stupire, inventare e migliorare ne avremo sempre meno. Ma quando vedremo una partita che finirà 0-0, con pochi tiri in porta e tanta noia ti penseremo dicendo: “Forse sarebbe bastato spostare quel giocatore dall’ala all’attacco. Bastava solo un po’ di coraggio”. E il coraggio appartiene agli immortali.
« Ebbi l'onore che Gianni Brera venne in spogliatoio a congratularsi e disse: "Veramente, non avrei mai creduto che una squadra di provincia giocasse al calcio come ha giocato il Vicenza". » |
(Giovan Battista Fabbri, allenatore del Lanerossi Vicenza tra il 1976 e il 1979.[1]) |
Indice
Nel 2008 ha scritto il libro autobiografico "Gibì, una vita di bel calcio" (Bacchilega editore)[3].
Muore la sera di martedì 2 giugno 2015, all'età di 89 anni.[4]
Caratteristiche tecniche
Calciatore
Allenatore
Fabbri predicava un calcio che per l'epoca (anni settanta/ottanta) era considerato in Italia avanzatissimo, una derivazione del calcio totale olandese[5][6]: terzini a stantuffare sulle fasce, difensori e attaccanti a scambiarsi i ruoli senza troppi imbarazzi[7] e un'estrema spettacolarità di gioco che però veniva pagata con una certa fragilità difensiva[8]. Utilizzava un solo attaccante centrale, supportato dagli inserimenti delle ali sulle corsie esterne e dalle sovrapposizioni dei terzini[9], e preferibilmente senza impiegare un vero e proprio regista[6].
Carriera
Giocatore
Ha iniziato la carriera nella S.P. Centese in Serie C, disputando 32 partite con 14 reti tra il 1945 e il 1947 e conquistando la promozione in Serie B[10]. In seguito si trasferisce al Modena, con cui esordisce in Serie A nella stagione 1947-1948, e quindi disputa sette stagioni nel Messina (una in Serie C e sei in Serie B)[11]. Nel 1955torna per una stagione in Serie A con la SPAL, per poi concludere la carriera di calciatore con Pavia(retrocesso dalla Serie B alla Serie C)[12] e Varese, dove ha assunto il doppio ruolo di allenatore-giocatore nel campionato di IV Serie 1957-1958[13].
Allenatore
In seguito allena la Sangiovannese, in Serie C[13], e prosegue sulle panchine di Giulianova, dove sfiora la Serie B chiudendo il campionato di C al 2º posto, e Livorno[13]: in Toscana non conclude la stagione, a causa di attriti con la dirigenza, che voleva imporre a Fabbri la formazione[14]. Nel 1974 siede sulla panchina del Piacenza, con cui vince il campionato di Serie C ma non riesce a ottenere la salvezza in quello cadetto, a causa di carenze di organico e un filotto di cinque sconfitte consecutive nel finale di stagione[8][14].
Lasciata Piacenza, viene ingaggiato dal presidente del Lanerossi Vicenza Giuseppe Farina[14]. In Veneto Fabbri ottiene il rilancio personale, potendo contare anche su un giovane Paolo Rossi nelle file della formazione berica. Proprio a Fabbri è attribuita l'intuizione di avere spostato il futuro Pablito dal ruolo di ala destra a quello di centravanti a causa della contingente mancanza di un centrattacco in squadra[3][5]. Con il Lanerossi conquistò nell'arco di due anni una promozione in Serie A e quindi nel 1977-1978 uno storico secondo posto nella massima serie alle spalle della Juventus. Al termine di quella stagione Fabbri vinse il prestigioso riconoscimento del Seminatore d'Oro come migliore allenatore italiano dell'anno[3][5].
Nella stagione successiva, complici le cessioni di Roberto Filippi e Giuseppe Lelj, il Vicenza retrocede in Serie B mostrando solo a sprazzi il gioco spettacolare esibito nelle annate precedenti[15]. Si trasferisce quindi sulla panchina dell'Ascoli, che porta al quinto posto in campionato, massimo traguardo raggiunto dal club marchigiano nella sua storia[13]. Ha inoltre allenato in Serie A anche il Cesena (dove è stato esonerato, complici cattivi risultati e l'ostilità dell'ambiente[16]) e ilCatania, con un intermezzo alla Reggiana in Serie B: in tutti e tre i casi le squadre retrocedono a fine stagione[13].
Nel 1984 riparte dalla Serie C1, alla guida del Catanzaro, con cui ottiene la promozione nella serie cadetta al termine della stagione 1984-1985[17]. Nelle due annate successive subentra sulle panchine del Foggia (sostituendo Corrado Viciani[13]), in C1, e del Bologna, in Serie B, dove è chiamato a sostituire Vincenzo Guerini[18]. Con i rossoblu ottiene la salvezza, ma il suo contratto non viene rinnovato perché il Bologna aveva già messo sotto contratto il giovane allenatore Luigi Maifredi per l'anno successivo[18].
Torna quindi per una stagione alla SPAL (subentrando a Giancarlo Cella[13]), per poi allenare il Venezia-Mestre di Maurizio Zamparini, dove, fra mille polemiche (soprattutto del presidente Zamparini, che considerava la rosa adatta alla categoria) favorì l'esordio della cosiddetta "linea verde", lanciando nel panorama calcistico tre giovani ragazzi, e diventando il primo di una lunga serie di allenatori esonerati o non riconfermati dall'imprenditore friulano[19]. Nel 1990 torna per l'ennesima volta a Ferrara, questa volta come direttore tecnico[20]: ottiene la doppia promozione dalla Serie C2 alla Serie B nel biennio 1990-1992[5][13]. Conclude la carriera di allenatore l'anno seguente sulla panchina degli emiliani, alternandosi a Rino Marchesi e Gian Cesare Discepoli[21].
Ha giocato e allenato in 48 campionati ufficiali, dal 1945 al 1993. La sua attività di allenatore è continuata fino al 1999 con il Club Italia, la squadra federale dei Campioni del Mondo del 1982, per un totale di 57 anni di attività[13].
Palmarès
Giocatore
- Messina: 1949-1950
Allenatore
- Lanerossi Vicenza: 1976-1977
- Piacenza: 1974-1975
Note
- ^ Giovan Battista Fabbri nell'intervista della videocassetta VICENZA CALCIO 1902 2002 – 100 ANNI BIANCOROSSI DELLA NOBILE PROVINCIALE
- ^ Addio a Gibì Fabbri Lanuovaferrara.gelocal.it
- ^ a b c d e Fabbri, il maestro dei maestri "Ho insegnato il calcio ai big" La Gazzetta dello Sport, 2 gennaio 2010
- ^ Addio a G.B. Fabbri, Mago del Real Vicenza, in: Il Giornale di Vicenza, 03-06-2015
- ^ a b c d Cinquantanni di calcio con Brusalerba. Una serata amarcord con Gibì Fabbri L'Unità, 22 maggio 2010
- ^ a b c La ricetta di Gibì: calcio, amore e fantasia Avvenire, 6 marzo 2011
- ^ P.Gentilotti, S.Gavardi, Piacenza: i colori del sogno, ed. Sperling&Kupfer, pag.15
- ^ a b Stagione 1975-1976 storiapiacenza1919.it
- ^ M.Sconcerti, Storia delle idee del calcio, Baldini-Castoldi-Dalai editore, pag.176
- ^ C.Mazzaschi, Almanacco storico del calcio centese, pagg.70-76
- ^ Statistiche su Messinastory.it web.tiscali.it
- ^ Stagione 1956-1957 paviacalcio.altervista.org
- ^ a b c d e f g h i j k Giovan Battista Fabbri, 50 Campionati-Story. Da Grande Spal a Real Vicenza di Paolo Rossi. E tanta serie A per Gibì polesinesport.it
- ^ a b c Confidenzialmente...G.B. storiedicalcio.altervista.org
- ^ Real Vicenza storiedicalcio.altervisya.org
- ^ “La vita di bel calcio di Gian Battista Fabbri” Corriere Romagna, 24 dicembre 2008
- ^ Stagione 1984-1985 catanzaro1929.com
- ^ a b COSE DA PAZZI, È LA SERIE B La Repubblica, 28 ottobre 1987, pag.24
- ^ Fabbri: io, prima vittima del mangia-allenatori Zamparini sport.sky.it
- ^ C.Fontanelli, P.Negri, Il calcio a Ferrara, GEO Edizioni, pag.13
- ^ Si è dimesso Fabbri. La Spal a Discepoli Il Corriere della Sera, 12 maggio 1993, pag.35
Tratto da WIKIPEDIA
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